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giovedì 6 settembre 2012


 CARATTERISTICHE RIASSUNTIVE


La dislessia è una difficoltà nel modo in cui il cervello elabora le parole e le sequenze di numeri. la dislessia è difficile da definire attentamente perché colpisce i bambini in molti modi diversi. Tuttavia, il problema di base è una difficoltà di imparare a leggere e scrivere, nonostante l’insegnamento e le capacità intellettive.

Per i genitori è fondamentale sapere che la dislessia non è un disturbo che comporta un ritardo mentale o intellettivo e che non riguarda problemi psichici o ambientali. Anzi talvolta i bambini dislessici hanno un’ intelligenza più vivace della media.

Le principali manifestazioni consistono nella difficoltà che hanno i soggetti colpiti a leggere velocemente e correttamente ad alta voce: ciò può diventare evidente nella prima infanzia, con difficoltà specialmente nelle sequenze (per esempio elencando i giorni della settimana, i numeri) o con difficoltà di lettura.

A scuola, i bambini possono avere una mancanza di interesse nelle lettere e parole, hanno problemi con la lettura e l’ortografia, mettono le lettere e le cifre nel modo sbagliato, possono essere lenti nello scrivere e hanno scarsa concentrazione.

La diagnosi non è semplice e non può essere fatta in età prescolare, prima che i sintomi si manifestino: ancora nei primi 2 anni della scuola elementare non è possibile avere la diagnosi certa poiché è normale fare errori di lettura e di scrittura. Se un bambino fa più errori degli altri, per esempio sbaglia 20 volte le doppie invece di 5 o 6 nello scrivere un brano, il segnale si fa più evidente. Il bambino spesso compie nella lettura e nella scrittura errori caratteristici come l’inversione di lettere e di numeri (es. 21 – 12) o la sostituzione di lettere (m/n; v/f; b/d, a/e). Si può intervenire con esercizi di metafonologia.

Solo a partire dalla fine della seconda elementare, inizio della terza, è possibile fare la diagnosi definitiva.

L’Aid (Associazione Italiana Dislessia) ha strutturato un protocollo diagnostico che garantisce una corretta diagnosi attraverso il lavoro di equipe specializzate.

mercoledì 5 settembre 2012

L'associazione



I soggetti con dislessia evolutiva in Italia sono, seguendo le stime, almeno 1.500.000. Gran parte di questi hanno avuto una carriera scolastica caratterizzata da insuccessi, con abbandoni precoci e con conseguenze sociali e professionali a volte pesanti.
Le storie che raccontano i ragazzi dislessici diventati adulti sottolineano la frustrazione derivante dalla mancata identificazione del problema. Da bambini si sono trovati a crescere con una difficoltà inattesa e inspiegabile e in genere sono stati colpevolizzati dagli adulti (insegnanti e genitori) che si lamentavano per lo scarso impegno e per gli scadenti risultati scolastici, a fronte di normali abilità sociali e cognitive.

L’Associazione Italiana Dislessia intende operare per combattere queste difficoltà, cooperando con le istituzioni e con i servizi che si occupano dello sviluppo e dell’educazione dei bambini.

Analizzo ora l'AID in Italia, in particolare nella mia regione, il Veneto.

Legge Regionale 4 marzo 2010:  interventi a favore delle persone con disturbi specifici dell'apprendimento e disposizioni in materia di servizio sanitario regionale.
Art.1
Finalità
1. La Regione del Veneto riconosce la dislessia, la disgrafia o disortografia e la discalculia, quali disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) che limitano l’utilizzo della capacità di lettura, di scrittura e di calcolo e ostacolano il pieno sviluppo delle potenzialità dell’individuo, arrivando spesso a compromettere l’equilibrio psicologico individuale e familiare della persona con DSA.
Art. 2
Interventi
1. La Regione promuove e sostiene interventi a favore delle persone con DSA volti a:
a) garantire le condizioni ottimali nelle quali le persone con DSA possano utilmente realizzare la loro persona nella scuola, nel lavoro e nella società;
b) promuovere la diagnosi precoce dei DSA nell’ambito di una stretta collaborazione tra strutture socio-sanitarie, pubbliche e private, famiglie e istituzioni scolastiche;
c) formare e sensibilizzare gli operatori socio-sanitari, gli insegnanti e i genitori in merito alle problematiche collegate ai DSA;
d) permettere una diagnosi tempestiva e corretta, anche quando si tratta di persone non più comprese nell’età evolutiva;
e) promuovere e favorire percorsi riabilitativi idonei per le persone con DSA;
f) favorire specifiche iniziative volte a facilitare l’apprendimento e il pieno sviluppo della persona con DSA.
Art. 3
Adeguamento del sistema socio-sanitario regionale
1. La Regione adotta ogni misura necessaria per adeguare il sistema socio-sanitario regionale alle problematiche dei DSA, dotando i servizi distrettuali per l’infanzia e adolescenza di personale qualificato.
2. La Giunta regionale, attraverso le aziende unità locali socio-sanitarie (ULSS) e in collaborazione con gli operatori scolastici, promuove iniziative dirette all’identificazione precoce delle persone con DSA e all’attivazione di percorsi individualizzati di recupero.
3. La diagnosi dei DSA è effettuata da neuropsichiatri infantili o psicologi, dipendenti dalle aziende ULSS, ospedaliere e ospedaliero-universitarie integrate, o da strutture private accreditate ai sensi della legge regionale 16 agosto 2002, n. 22 “Autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali” e successive modificazioni.
4. Il trattamento riabilitativo è effettuato da psicologi, pedagogisti, educatori e logopedisti, formati sulle problematiche dei DSA.
5. Presso l’Azienda ospedaliero-universitaria integrata di Verona è individuato il centro di riferimento regionale per i DSA che ha il compito di realizzare sperimentazioni clinicoassistenziali, ricerche e studi pilota in tema di trattamento dei DSA.
Art. 4
Formazione nelle strutture socio-sanitarie, nella scuola e nelle famiglie
1. La Giunta regionale, nell’ambito della programmazione della formazione socio-sanitaria, promuove interventi per la formazione e l’aggiornamento degli operatori socio-sanitari preposti alla diagnosi e alla riabilitazione delle persone con DSA nonché dei familiari che assistono le persone con DSA.
2. La Giunta regionale, di concerto con l’Ufficio scolastico regionale, con le università del Veneto e con le aziende ULSS, promuove la formazione di personale docente e dirigente
 
 delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, pubbliche e private, quali le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie, di primo e secondo grado, delle università degli studi del Veneto e del sistema di istruzione e formazione professionale regionale.
Art. 5
Attività lavorativa e sociale
1. La Regione assicura alle persone con DSA pari opportunità di sviluppo delle proprie capacità in ambito sociale e professionale.
2. Nei concorsi pubblici indetti dalla Regione e dagli enti strumentali regionali è garantita pari opportunità, nelle forme assicurate dai bandi di concorso, alle persone con DSA che dimostrino il loro stato con certificazione medica; in particolare, possono essere previsti l’utilizzo di strumenti compensativi e il prolungamento dei tempi stabiliti per l’espletamento delle prove, in relazione alle specifiche necessità delle persone con DSA.
Art. 6
Campagne di informazione e sensibilizzazione
1. La Giunta regionale, attraverso il centro regionale di cui all’articolo 3, programma campagne informative e di sensibilizzazione aventi per oggetto le problematiche afferenti ai DSA rivolte all’opinione pubblica, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, con particolare attenzione alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, pubbliche e private, quali le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie, di primo e secondo grado, alle università degli studi del Veneto e al sistema di istruzione e formazione professionale
regionale.

martedì 4 settembre 2012

Replica : troppe diagnosi di dislessia
"Da quando i dislessici hanno una legge che li tutela avevo deciso di non reagire più alle sciocchezze che ogni tanto vengono dette o scritte da tromboni che citano ricerche senza mai presentarle nelle sedi di confronto scientifico, o da insegnanti che si sentono privati della loro arma letale (la bocciatura) nell’educare i loro studenti. Discutere e ragionare con chi oppone chiacchiere e fanfaronate ai risultati di anni di ricerche è una perdita di tempo inutile perché queste persone in genere non vogliono ascoltare e non vogliono documentarsi. Ma la pagina che avete pubblicato sul vostro giornale sulla dislessia rappresenta una svolta nei panorama dei “negazionisti”: non dice infatti che la dislessia non esiste, ma dice che” la dislessia è troppo diffusa per essere vera”. Argomento ideologico e non scientifico molto pericoloso perché sarebbe come dire che un fenomeno viene accettato solo se è piccolo, invisibile, così non dà fastidio. Storicamente è sempre stato così con le minoranze e con i diversi. E in effetti è lo stesso argomento che si usa con gli extracomunitari: vanno bene e ci servono se sono pochi e non si vedono. Se diventano troppi, ci costringono a cambiare le nostre abitudini e questo ci disturba.
Se i dislessici diventano troppi allora la scuola è costretta a cambiare, magari a introdurre i computer per tutti o ad aggiornare la didattica, o a ripensare ai criteri di valutazione. Come si da dire dire che sono troppi? Quali dati si portano? Magari ne suggerisco qualcuno: l’ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna nel 2009 ha svolto una ricerca alla quale hanno partecipato il 51% delle scuole pubbliche e paritarie di ogni ordine e grado della regione. In totale i dislessici diagnosticati sono 4452, che corrisponde allo 1,47% della popolazione scolastica della stessa regione. Questi sono numeri certi e corrispondono un terzo circa di quelli citati come percentuale attesa. Dove sono tutte queste diagnosi? Forse dà fastidio e manda in confusione la domanda diffusa di tante famiglie che non riesce a ricevere risposte dai servizi impreparati ad affrontare il problema sia in termini numerici che clinici.
Il 3 % della popolazione scolastica italiana corrisponde a 240.000 bambini e studenti. Non sono né tanti né pochi, sono bambini e famiglie che combattono quotidianamente oltre che per vincere la difficoltà di apprendere e stare al passo con le richieste della scuola, anche contro l’ignoranza di chi parla di malattia, di medicalizzazione e di ospedalizzazione delle scuole. Di chi , come te, alimenta la confusione fra ADHD e dislessia, parla a vanvera di inutilità della rieducazione e di uso dei computer che oggi tutti i bambini usano dappertutto tranne che nella scuola. Anche in questo caso ci sono tonnellate di documenti prodotti dalla ricerca che dicono che la dislessia non è una malattia, ma l’espressione di una piccola differenza di alcune aree del cervello che non impedisce di imparare, ma lo rende molto più faticoso. E in questa società che vuole tutto e subito questa fatica e lentezza non viene tollerata. Ma forse questo è un concetto troppo elaborato per chi è abituato a distinguere i malati dai sani, i neri dai bianchi, gli intelligenti dagli stupidi. In ogni caso l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato le linee guida per la diagnosi della dislessia, che prevedono una precisa e (ahimè per i bambini) lunga batteria di prove metodologicamente rigorose, da cui sono assenti proprio i suoi questionari. Chi alimenta scetticismo e confusione alla fine contribuiscono a mettere pietre nel già pesante zaino che i dislessici si portano a scuola tutte le mattina"
Giacomo Stella

giovedì 30 agosto 2012

 ALTRI CONSIGLI TECNICI UTILI PER GLI INSEGNANTI

Per aiutare nel migliore dei modi un bambino dislessico, ci sono alcune regole che i docenti possono considerare e tenere presenti. Per quanto riguarda l'organizzazione di un testo è bene utilizzare delle frasi brevi, maggiormante delle coordinate piuttosto delle subordinate, fare attenzione inoltre all'utilizzo di troppi pronomi in quanto il bambino può bloccarsi di fronte al carico cognitivo. Il modo maggiormente consigliato è il modo indicativo, forma attiva senza l'utilizzo di doppie negazioni.Dobbiamo considerare inoltre, l'età del bambino, e le difficoltà individuali...in base a questo possiamo scegliere il lessico più appropriato. Altra considerazione è: evitare di usare testi troppo lunghi, e raggruppare invece le informazioni per blocchi tematici.
Per quanto riguarda la grafica è bene corredare le immagini, tabelle, schemi senza "affollare" le pagine ma sempre in modo chiaro e non esagerato. Se si consegna un testo scritto a computer è bene usare un font pulito, senza troppe lineette aggiuntive, indicati sono: il Times New Roman, il Comics, il Verdana, l'Arial, utilizzando un formato piuttosto grande (ad esempio corpo 12 o 14), non spezzare le parole per andare a capo, distanziare a sufficienza le righe (interlinea 1,5 ) e usare, se possibile, lo stampato maiuscolo perchè è più facilmente leggibile e stanca di meno la vista.
Per evidenziare le parole chiavi o i concetti più importanti, se è possibile, usare il grassetto o colori differenti...maa, come già sottolineato in precedenza, non eccedere con i colori perchè il testo deve essere chiaro e pulito.

martedì 28 agosto 2012

STRATEGIE DIDATTICHE PER AIUTARE GLI STUDENTI DISLESSICI


Gli studenti spendono larga parte del loro tempo scolastico interagendo con materiali. Sussistono differenti problemi con i materiali scolastici, alcuni di questi sono collegati alla difficoltà nella lettura. A tal proposito è consigliato l'utilizzo del registratore in quanto è considerato un eccellente aiuto per superare questo problema. Possono essere registrate racconti e lezioni, compiti da svolgere; lo studente poi può ascoltare tranquillamente il nastro per facilitare la comprensione dei concetti e dei compiti stessi.
Un' altra modalità è chiarire e semplificare le consegne scritte.Molte di esse sono scritte sottoforma di paragrafo e contengono differenti informazioni. L'insegnante a tal proposito può aiutare sottolineando le parti fondamentali della consegna o riscriverle per favorire la comprensione da parte dell'alunno.
Altra tecnica che può utilizzare l'insegnante è di presentare una piccola quantità di lavoro, cioè selezionare un numero minore di pagine in modo che lo studente non diventi ansioso alla vista della numerosa mole di pagine da leggere e/ o studiare.Ad esempio: l'insegnante può richiedere di completare solo gli esercizi con il numero pari o dispari, oppure può presentare delle frasi e l'alunno deve poi completarle.
Un' ulteriore moldalità è sottolineare le informazioni principali ed essenziali: se un alunno ha difficoltà nel riconoscere quali sono le nozioni principali leggendo un testo, l'insegnante può intervenire evidenziando con un pennarello o sottolineando le parole/ frasi principali in modo da rendere migliore la comprensione da parte del suo alunno.
Inoltre, alcuni materiali non prevedono abbastanza attività pratiche per far sì che gli studenti con difficoltà di apprendimento acquisiscano padronanda nelle abilità prefissate. Gli insegnanti devono essere loro stessi a completare i materiali con attività patiche.Gli esercizi pratici includono giochi educativi, attività di insegnamento tra pari, uso di materiali auto-correttivi, fogli di lavoro aggiuntivi.
E' importante, inoltre, fornire un glossario che spieghi il significato dei termini specifici e una guida per la lettura; quest' ultima offre allo studente una mappa di ciò che è scritto nel testo e comprende una serie di domande per aiutarlo a focalizzare i contenuti rilevanti durante il suo percorso di lettura.

venerdì 24 agosto 2012

COSA DEVONO FARE I GENITORI?

E' bene prendere coscienza del fatto che se un bambino è dislessico non è colpa dei genitori o della scuola nè tantomeno del bambino stesso. La dislessia è caratteristica come può essere il colore degli occhi. E' omportante che i genitori l'accettino e cerchino di cogliere gli aspetti positivi per affrontarla al meglio.Nel corso degli anni le conoscenze sempre più approfondite e l’esperienza di chi ci è già passato hanno reso possibile stilare una sorta di consigli utili di seguito elencati.I genitori devono informarsi sul problema velocemente, cercare una appropriata valutazione diagnostica, discutere del problema con gli insegnanti, aiutare il bambino nelle attività scolastiche, utilizzare strumenti anche alternativi alla pura lettura (cassette, cd, video, computer).E' importante leggergli spesso libri di narrativa e di vario genere così da aiutarlo ad arricchire il suo vocabolario ma anche a poter interagire con i suoi coetanei sugli stessi interessi comuni. Quando si legge è bene non considerare il proprio figlio come uno spettatore passivo, ma è bene renderlo partecipe ed interagire assieme a lui.
E’ bene sfruttare i diversi contesti che si creano durante la giornata per descrivere e raccontare ciò che circonda il bambino parlandogli di ciò che il bambino vedrà prima, durante o dopo l’esperienza (ad esempio una passeggiata al parco, andare a fare la spesa, preparare una torta ecc…) e per sfruttare l’attenzione e la curiosità verso cose nuove, spiegandogli ciò che vede con un linguaggio vario, semplice ma corretto, cercando di non semplificare le parole e scandendole bene e non in modo affrettato. E’ bene incoraggiare e rinforzare i tentativi del bambino nel dire le parole, è consigliato chiedere direttamente al bambino il suo stato d'animo, le sue sensazioni, è consigliato inoltre aiutarlo a capire le sfacettature della dislessia così da permettergli di prendere consapevolezza e aiutarlo ad acquisire sempre più autonomia. E' bne cercare di mettere in risalto la capacità e le qualità di vostro figlio, promuovere attività dove eccelle.

venerdì 17 agosto 2012


Ma lo sapevi che...GLI AMBIDESTRI SONO PIU’ A RISCHIO PER DISLESSIA E IPERATTIVITA’?
 
Studio scientifico condotto dagli psicologi dell’ Imperial College di Londra su quasi 8000 bambini presi in esame in due distinti momenti della loro crescita.
In una prima fase, i bambini oggetto della ricerca sono stati intervistati all’età di 7/8 anni, con il preciso obiettivo di trovare quanti tra essi fossero in grado di usare sia la mano destra che sinistra per le loro attività; una volta identificati i bambini ambidestri (87 per la precisione), si è aspettato di analizzarli insieme agli altri all’età di 15/16 anni. Al termine dell’esperimento, è emerso che proprio i bambini ambidestri mostrano maggiori probabilità di avere disturbi del linguaggio e un cattivo rendimento a scuola rispetto a destri e mancini, con l’aggravante del rischio di sviluppare il temibile disturbo da deficit d’attenzione e iperattività durante gli anni delle scuole superiori.
Alina Rodriguez, coordinatrice del gruppo di ricerca, ha commentato questo risultato cercando da una parte di evitare gli inutili allarmismi ma, dall’altra, invitando genitori, insegnanti ed educatori ad una maggiore attenzione ai segnali di disturbo che i bambini possono inviare in grande anticipo, per cercare di evitare loro sofferenze e disagi inutili.
Questo significa che il cervello dei bambini che scrivono con tutte e due le mani lavori in modo diverso da quello degli altri, resta però da comprendere quale sia questo modo e se a provocarlo sia una causa genetica o una condizione esterna che interviene nella fase di crescita e sviluppo del bambino.